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Roaming zero, Google sonda il mercato?

Tra le nuove frontiere delle telecomunicazioni moderne, il ‘roaming zero’ è senza ombra di dubbio una di quelle che si stagliano più concretamente all’orizzonte. Per roaming zero si intende l’abbattimento dei costi per i collegamenti tra operatori diversi, che permettono soprattutto di utilizzare telefonia mobile e servizi internet anche quando ci si trova in paesi esteri, fuori dalla portata del proprio operatore. Una svolta, quella del roaming zero, che viene auspicata anche in ambito governativo: una spinta in questo senso molto forte era stata impressa dall’Unione Europea, ma per veder varate leggi che impongano innanzitutto un contenimento dei costi a carico dell’utente, favorendo poi un’introduzione ragionata del roaming zero all’interno dei paesi UE, sembra sarà necessario attendere fino al 2018. Si potrà considerare invece il 2016 come primo anno utile per vedere le tariffe calmierate, perlomeno a livello di quelle pagate a livello nazionale. La strada è stata ormai però tracciata, e tra le compagnie maggiormente interessate ad entrare nelle offerte del roaming zero, Google sembra quella più profondamente convinta a investire in questo tipo di progetti.

L’azienda di Mountain View sembrerebbe infatti decisa più che mai a reinventarsi come operatore mobile, dopo l’annuncio fatto a marzo di quest’anno in cui si confermava l’ingresso dell’azienda nel settore. Secondo il quotato giornale inglese Telegraph, che ha analizzato a fondo la questione in un articolo, l’esordio nel mondo dei servizi per la telefonia mobile sarebbe per Google davvero in grande stile. Si starebbero infatti creando in maniera piuttosto solida le basi di un accordo con un vero e proprio gigante delle telecomunicazioni, la multinazionale cinese Hutchinson Whampoa. Il che permetterebbe di creare un importante asse USA-Cina che aprirebbe frontiere inesplorate, e che soprattutto potrebbe gettare le basi del primo vero proprio piano per il roaming zero su larga scala. Hutchinson Whampoa è una multinazionale che diversifica in maniera profonda i propri investimenti, e che spazia dal settore alberghiero a quello del turismo, fino a quello dell’energia con divisioni aziendali specificamente dedicate. Ma le telecomunicazioni hanno iniziato negli ultimi anni a ricoprire un ruolo strategico per il colosso cinese, che ha ormai raggiunto ben cinquantadue nazioni con oltre duecentomila dipendenti al proprio servizio. Una rete di conoscenze tecniche e di diffusione internazionale che Google potrebbe sfruttare per dare vita ad un vero e proprio boom del roaming zero.

Per fornire un nome maggiormente conosciuto a chi segue il mondo delle telecomunicazioni senza addentrarsi nel dedalo delle società controllanti, Hutchinson Whampoa gestisce una Telco chiamata “Hutchison Telecommunications International Limited”, che altri non è che la società controllante del gruppo 3. 3 Italia è, con Wind, Telecom e Vodafone, una delle società di telecomunicazioni a maggiore diffusione nazionale, e potrebbe dunque essere la prima compagnia ad offrire, tramite gli investimenti di Google e la rete della Hutchinson Whampoa, un servizio di roaming zero affidabile già a partire dalla sopraindicata data X del 2018. Nonostante la multinazionale cinese abbia però diffusione in tutto il mondo, da Hong Kong agli Stati Uniti d’America, dal sudest asiatico all’Europa, sarebbe la clientela USA la prima a beneficiare della rivoluzione messa in piedi da Google nel campo. La legislazione statunitense ed il relativo regime fiscale, permetterebbe infatti alla casa di Mountain View di testare su larga scala il roaming zero, senza imbattersi nelle controversie che ne hanno finora impedito la diffusione nel vecchio continente.

Non è comunque da considerare casuale l’accostamento in merito di Google a Hutchinson Whampoa, visto che la 3 in Europa si è fatta carico già da tempo dei costi di roaming, agendo così completamente a favore dei clienti ed effettuando già una sorta di tariffa roaming zero. Anche se questo i caso, va specificato, i costi di roaming ci sono eccome, ma sono semplicemente sostenuti dall’azienda senza comportare un conseguente aumento delle tariffe. L’accordo renderebbe concreta per gli utenti americani una vera rivoluzione, visto che potrebbero usare i servizi di telefonia mobile a tariffa nazionale anche durante i viaggi all’estero. Più complicata sarebbe l’introduzione del roaming zero per Google all’interno dei paesi membri dell’Unione Europea: andiamo a scoprire nel dettaglio il perché.

Sulla diffusione su scala mondiale del progetto Nova (così Google ha deciso di chiamare il suo piano per il roaming zero) sarà infatti decisivo il buon esito delle trattative sulle nuove direttive messe a punto dall’Unione Europea. A Strasburgo lavorano da tempo per arrivare ad una diffusione libera di internet su tutto il continente europeo, ed era stato presentato un progetto per una tariffa unica del roaming che ha subito però un un rinvio. Un rallentamento che ha rappresentato un problema non indifferente, visto che per ogni proposta di legge sulle telecomunicazioni vanno effettuate complicate valutazioni e calcoli per riuscire a superare tutte le problematiche di tariffazione fiscale nei diversi paesi. L’Unione Europea tramite l’autorità per le telecomunicazioni ha fissato un obiettivo, che permetterebbe agli utenti di evitare entro i prossimo tre anni costi di roaming, effettuando chiamate e navigando su internet allo stesso costo che troverebbero nel proprio mercato interno nazionale. Idea che ha trovato però delle resistenze, e si è iniziato allora a lavorare per un livellamento, e soprattutto un contenimento condiviso, dei costi di roaming. Si potrebbe dunque mantenere un costo zero del roaming fino a un certo limite. Superata una certa soglia di traffico, la tariffa aggiuntiva relativa al roaming dovrà essere comunque inferiore, e non superiore come quella attuale, rispetto a quella nazionale.

Il livellamento dei costi di roaming nell’Unione Europea va di pari passo con i progetti relativi alla net neutrality, una rivoluzione che riguarda da vicino direttamente i provider, che grazie ad essa potrebbero sostenere il roaming zero veicolando più dati per quanto riguarda le chiamate e il traffico internet, senza rischiare però intasamenti della rete. Google sta osservando da vicino tutte queste possibili modifiche, visto e considerato anche che una norma generale troppo stringente sulla net neutrality si discosterebbe di molto rispetto a quelle che sono le regole negli Stati Uniti. Mettere d’accordo tutte le parti in causa potrebbe non essere semplice, ma quella del 2018 sembra una deadline realistica. Anche perché sul roaming zero ci sono da superare le resistenze di chi afferma come un’eliminazione dei costi di roaming totale finisca per penalizzare gli utenti ‘base’ delle telecomunicazioni, per venire sostanzialmente incontro solo all’esigua minoranza dei viaggiatori.

Riguardo quest’ultima affermazione, va aperta una parentesi su quanto sostenuto recentemente da Fatima Barros, per l’anno in corso presidente dell’autorità che regola il campo delle telecomunicazioni fra gli stati membri dell’Unione Europea, il Berec. La Barros ha sottolineato come l’abbattimento di punto in bianco dei costi relativi al roaming possa essere estremamente penalizzante, in quanto il dislivello nello scambio di dati tra gli stati membri dell’UE comporta dei costi che è impossibile ignorare. Soprattutto perché l’impatto di tali costi andrebbe completamente a carico di quelle nazioni che hanno il maggior numero di ingressi turistici, e quindi il maggior aumento di traffico di chiamate e di dati internet. Fatima Barros ha affermato dunque come la linea del Berec sostenga una tariffazione equa, ma non una cancellazione dei costi aggiuntivi di roaming, e come al tempo stesso, per agevolare lo scambio di dati, vada messa a punto una net neutrality che possa considerarsi equivalente a quella degli Stati Uniti. Un particolare, questo, che andrebbe senza ombra di dubbio a favore del progetto Nova di Google, e che comporterebbe dunque il successo della prima fase di sperimentazione, da parte dell’azienda di Mountain View, del piano roaming zero negli Usa, che potrebbe successivamente essere esportato anche in altri continenti, Europa in testa.

Questo dunque il quadro generale, che non sembra però al momento preoccupare più di tanto Google, che nel muovere i primi passi su questo territorio sta comunque utilizzando la dovuta prudenza, anche se gli analisti del settore non possono fare a meno di notare un’enorme ambizione di fondo nel profetto. D’altronde l’accordo con Hutchinson Whampoa andrebbe letto proprio nell’ottica di poter agire sulla più ampia porzione di territorio possibile su scala internazionale. Nel frattempo, con l’annuncio ufficiale riguardo l’ingresso nel mondo delle telecomunicazioni ormai effettuato da più di un mese, a Mountain View si stanno aprendo un’ampia fetta di mercato negli Stati Uniti, anche se, commercialmente parlando, il discorso viene pres con i proverbiali piedi di piombo. Lo stesso accordo tra Google e Hutchinson Whampoa al momento non viene confermato da nessuna delle parti in causa, e a Mountain View parlano di un settore per le telecomunicazioni che si sta allestendo all’interno dell’azienda in maniera sperimentale e in misura piuttosto contenuta. Difficile però pensare che Google possa buttarsi a capofitto in un campo simile senza far rumore. L’imperativo del momento, almeno finché l’accordo con il colosso cinese non sarà ratificato, è quello di mantenere un basso profilo per non sconvolgere il mondo delle Telco, che negli Stati Uniti vanta una enorme fatturazione e che non vedrebbe certo di buon occhio un ingresso a piedi uniti di giganti informatici come Google o Apple nel loro campo di stretta competenza.

Anche perché in questo caso le Telco si troverebbero a fare i conti con aziende concorrenti che sul piano dell’investimento tecnologico si troverebbero già anni luce davanti a loro. E nel caso di Google, il gap sul know-how di stretta competenza riguardo le telecomunicazioni sarebbe annullato proprio dall’appoggio che la Hutchinson Telecommunications e la 3 potrebbero fornire. Un pericolo del quale le aziende più piccole sono perfettamente consapevoli, e per questo nel territorio degli USA, soprattutto negli ultimi dodici mesi, è andata in scena una battaglia che ha visto il contenimento dei prezzi del roaming come obiettivo principale per riuscire ad attirare nuova clientela e mettere nero su bianco nuovi contratti. Una strategia simile a quella condotta da 3 in Europa, e che è stata intrapresa da aziende leader sul mercato americano come Verizon, o anche At&T. In Francia, è stato invece il gruppo Iliad il primo ad offrire il bypass dei costi di roaming per gli utenti che utilizzavano all’estero i servizi di telefonia mobile della compagnia.

Dunque, l’impatto del progetto Nova e dell’ingresso di Google nel mondo delle telecomunicazioni potrà essere valutato solo nel lungo periodo, e avrà un eco di livello mondiale solo se le prossime riunioni sul livellamento dei costi del roaming all’interno dell’Unione Europea (il prossimo è previsto nel mese di dicembre) andranno a buon fine. La rivoluzione che hanno in mente a Mountain View è di portata enorme e strettamente legata ai concetti di condivisione sfruttamento delle nuove tecnologie che il boom di social network ha comportato. Non dover più pensare ai costi di roaming permetterebbe agli utenti di condividere in maniera estremamente più massiccia le proprie esperienze di viaggio tra Facebook, Google e Instagram, per non parlare della facilitazione dei contatti tra le persone anche a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, tramite i servizi voce e Skype. La strada sembra essere ormai tracciata, e per avere semaforo verde si attende solo l’ufficialità dell’accordo tra Google e Hutchinson Whampoa – Telecommunications. Le società che gestiscono le telecomunicazioni negli Usa sanno bene che sarebbe il momento esatto in cui il mercato potrebbe stravolgersi, e in cui altri colossi potrebbero accodarsi a Google in tempi relativamente brevi, Apple in testa. E questa potrebbe essere dunque ricordata come la fase storica in cui i colossi dell’informatica e della tecnologia mandarono in pensione le Telco, o le Telco come le avevamo conosciute finora, una volta per tutte.